venerdì 30 settembre 2011

sotto traccia semplice



Apparentemente tutto tace.
Ma ognuno di noi, ormai decisi a partire con i mezzi a disposizione, consapevoli di tutti i nostri limiti, si sta dando da fare. Sotto traccia.
Ognuno lavora per capire come affrontare le incognite di un viaggio mai intrapreso da nessuno di noi, come stravolgere le moto per renderle qualcosa che possa anche solo lontanamente sembrare adatto al deserto africano.
Le cose che servono sono tante, dalle più scontate come l'abbigliamento che protegga dal sole, dal caldo, ma anche dal freddo pungente delle notti all'aperto, alle parti da reperire per trasformare delle cafè racer dal sapore anni 60 in qualcosa che regga l'impatto duro del deserto senza tempo.
Si lavora sotto traccia dunque, si raccolgono informazioni, carte, supporti e tutto ciò che possa essere utile.
L'avventura è già iniziata, noi ci stiamo attrezzando.


Gianni

mercoledì 21 settembre 2011

Gli uomini liberi

Prima degli arabi, prima dei romani, prima di qualsiasi conquista straniera, le terre sabbiose del nordafrica erano abitate da un popolo fiero ed affascinante: i Berberi.


I greci antichi e poi i romani chiamavano "balbuzienti" (βάρβαρος) tutti quelli che non parlavano la loro lingua. E tanto per non essere da meno, durante la conquista del nordafrica (avvenuta nel VII sec. d.C.) anche gli arabi utilizzarono lo stesso termine per indicare i popoli indigeni.
Ma del resto, i Tuareg odierni definiscono gli Arabi "Ikhamkhamen", che ha un significato analogo (“coloro che fanno versi simili a un nitrito”).
I termini che questi popoli utilizzano ancora oggi per designare se stessi sono  "Amazigh o Imazighen" che significano "uomini-liberi".
Ad oggi, anche in Tunisia, esistono ancora dei nuclei di popolazioni che hanno mantenuto l'identità linguistica berbera, anche se il processo di "arabizzazione" è talmente radicato e profondo che bisogna spingersi verso le zone più impervie dell'Erg, nelle zone di Gafsa, di Douz oppure Matmata e Tataouine, per trovare dei villaggi che possano definirsi realmente berberi.
In altri stati nordafricani, come Algeria e Marocco, la lingua berbera è stabilmente parlata da almeno il 30% della popolazione.
Sono di chiara origine berbera alcuni personaggi storici importanti, come Sant'Agostino, l'imperatore Settimio Severo e il commediografo romano Publio Terenzio Afro; ma anche personaggi a noi più vicini (e magari più noti) come Zinedine Zidane e Isabelle Adjani.
Ora, per quale motivo vi dico queste cosee vi gonfio le balle con disquisizioni storico/linguistiche? 
E' presto detto.
L'aspetto più interessante di questo popolo, a mio modo di vedere, è come sia riuscito a mantenere nel corso dei secoli una propria irriducibile identità. 
Nonostante le conquiste straniere che si sono succedute nel tempo, prima i romani, poi i vandali, i bizantini e, infine, gli arabi, questi popoli sono riusciti a mantenere viva la loro cultura attraverso un legame fortissimo con la terra di appartenenza, con il deserto.
Nessuna conquista o imposizione è stata sufficiente a far staccare definitivamente queste persone dalle loro tradizioni. Essi continuano a vivere le terre ostili, hanno una fiorente letteratura (prima trasmessa oralmente, poi trascritta) fatta di racconti tradizionali, fiabe e, soprattutto, di poesie.
I berberi sono ancora lì, facce pallide nel cuore arido del mondo.
Alcuni hanno occhi chiari e capelli rossicci, specialmente nelle tribù marocchine dell'Atlas e nella Cabilia algerina, a causa di una naturale depigmentazione che li rende molto più simili agli europei che agli africani propriamente detti.
In ogni caso tutti loro hanno il fascino di chi riesce a far fiorire la vita dal nulla, di chi sa trovare una goccia di fertilità e di splendore anche nel luogo più arido ed ostile della Terra.

Spero tanto di riuscire a incrociare il loro sguardo e, magari, a conquistare un granello della loro saggezza.

Daniele


(Ksour - Granai fortificati Berberi, dalle parti di Matmata)




(giovane berbero)




(bandiera Amazigh)




Documentario: VIAGGIO TRA I BERBERI

Un viaggio in fondo ai propri occhi

"Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia, non si vede nulla, non si sente nulla, e tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio." 
Antoine de Saint Exupery





Ecco, credo che una citazione dell'autore del Piccolo Principe sia il modo migliore per cominciare a parlare della nostra nuova avventura.
Siamo solamente all'inizio, non c'è ancora niente di deciso.
Come ha detto Gianni, con meravigliosa sintesi:
non abbiamo una destinazione;
non abbiamo delle date;
non abbiamo le moto adatte;
non abbiamo l'abbigliamento adatto.
Ma probabilmente quel bagliore indistinto che anima il silenzio delle dune ha già preso il suo posto nei nostri occhi.


La nostra destinazione (salvo problemi socio-politici dell'ultim'ora) dovrebbe essere il grande Erg orientale, in Tunisia.
A soli 1000km in linea d'aria da Roma, si trova un altro mondo.
La distanza è sorprendentemente inferiore a quella percorsa per arrivare all'isola di Man, ma la differenza di scenario è talmente importante che impiegheremo mesi interi per prepararci a dovere.
E il giorno in cui sapremo di essere pronti a partire, probabilmente scopriremo la strana sensazione di non sapere niente su come si va via dal deserto, su come ci si congeda da esso.
Bene, su questo blog vorrei cercare di compiere una ricerca personale su questo ambiente così estremo e così affascinante: astrazioni, storie, geografie, cenni su popoli, culture, musica.
Vorrei aiutarCi a creare uno scenario comune sul quale collocare le esperienze personali che ogni membro dell'equipaggio andrà a vivere.
Per far sì che quello nel deserto sia per ognuno di noi un viaggio di andata e ritorno nel profondo dei propri occhi.

Daniele

lunedì 19 settembre 2011

Di nuovo in marcia...

A un certo punto ci si ritrova invischiati nella routine.


Tanti piccoli criceti che girano senza sosta nella propria ruota convinti che tutto si fermi lì. Oppure, peggio, convinti che in fondo alla ruota ci sia quello che cerchiamo. 


Fermarsi a volte può fare vedere tutto da un'altra prospettiva... anche se la parola "fermarsi" vuol dire farle assumere significati opposti come partire, muoversi, viaggiare. 
Tornati dall' isola di Man a giugno, dopo alcuni giorni meravigliosi passati in sella alle nostre bicilindriche, è nata spontanea la voglia di ripartire, di pianificare ancora qualcosa che susciti emozioni e che ci permetta di sentire ancora sulla pelle la voglia di fuggire e di scoprire.
Sarà "impazienza" probabilmente, "noia" direbbe uno di quelli che ha sempre pochi dubbi, più semplicemente "vita" direi io se non sembrasse così altisonante.
Spingere l'asticella un po' più in là per vedere fino a quale punto ci possa portare l'incoscienza, che strade possa farci prendere la voglia di viaggiare, costruire un percorso tutto nostro per assaporare il gusto di fare qualcosa da ricordare.
Sicuramente c'è qualcosa di tutto questo se ora, a distanza di un anno esatto da quando è partito il blog e il progetto del viaggio precedente, siamo di nuovo qui pronti a prendere schiaffi sul casco in sella alle nostre motociclette inglesi.
Un nuovo viaggio, dopo Man, per provare sensazioni simili e completamente opposte: assaggiare il sapore dei granelli di sabbia che pungono il viso e respirare la polvere di una terra magica: l'Africa.
Non un viaggio all inclusive, neanche un pacchetto pronto-deserto destinato alle moto da dentista che pullulano le nostre città, ma un'esperienza tutta nostra, che ci faccia portare le stesse cavalcature dalle strade tortuose delle road race nord europee alle piste di sabbia del deserto del grande Erg orientale.
Come dice la frase del poeta tunisino Malek Haddad che campeggia sul blog, nel deserto non si va mai per la prima volta e non si lascia mai per sempre... è un luogo dell'anima ed è arrivato il momento di andarlo a cercare.
L'Africa ci aspetta, ormai il dado è tratto.


Gianni